Di Luciano Zambianchi
Non sono molte le monete che rappresentano su un loro lato una tartaruga terrestre, alcune sono di conio moderno, ma una è veramente antica, anzi è una delle più antiche monete del mondo: la Statera di Aegina. Probabilmente questa moneta è presente in centinaia di musei ma la prima volta che la vidi fu ai Musei Vaticani dove la segnalavano come esempio della moneta base per l’economia occidentale moderna: riconosciuta all’interno, ma anche all’esterno del luogo di coniazione. In pratica la moneta consegnava al suo possessore un materiale di scambio, in questo caso una quantità ben definita di metalli estremamente utili agli albori della società greca (circa 700 a.C.): ferro o argento. Ho regalato a Ornella alcune belle monete con una tartaruga come effige, monete e medaglie che ho acquistato negli anni, ma con la Statera di Aegina è stata un’altra storia, per me il problema era ed è sempre stato il prezzo. Nonostante la crisi finanziaria che si è abbattuta sulla Grecia, crisi che ha costretto migliaia di famiglie a vendere gli oggetti di valore per sopravvivere, le statere di Aegina sono rare e quelle poche che si trovano, se sono appena leggibili vanno da 2000 a 4000 euro e per me è decisamente troppo. Nonostante questo problema ho trovato il modo, grazie ad alcuni amici, per mostrarvi nella loro forma originale le tre edizioni che conosco della Statera di Aegina, quelle con un piccolo delfino sul retro (foto 1a e 1b) e quelle con solo figure geometriche (foto 2a e 2b). Non sono riuscito però a scoprire la ragione della presenza della tartaruga di terra sulle monete, devo aggiungere che per complicare le cose le Statere più moderne, quelle del 450 a.C. (del terzo tipo, foto 3a e 3b ), non rappresentano più tartarughe terrestri ma tartarughe marine (probabilmente Caretta caretta). Resta il fatto che in Occidente fu l’isola-stato di Aegina a battere moneta per prima, seguita da Atene, Corinto, Creta e poi dai centri più importanti. La dimensione della moneta di Aegina era 21 mm di diametro per un peso di 12,6 g , queste misure vennero considerate un riferimento per le monete coniate successivamente, didramma e statere greche, quando ormai Aegina aveva perso la sua importanza economica e commerciale.
Le immagini mostrano un gruppetto di statere del primo e del secondo tipo, le tartarughe riportate su queste monete probabilmente sono Graeche. La tartaruga sulla moneta del terzo tipo è invece sicuramente una tartaruga marina.
La mitologia:
Aegina, che per semplificare d’ora in poi chiamerò Egina, era una delle figlie di Asopo e della ninfa Metope, era anche la sorella gemella di Tebe, si dice che fosse una creatura bellissima al punto che Zeus se ne invaghì e la rapì. Il padre Asopo, quando si accorse della scomparsa, partì per cercarla e provò in tutti i modi a liberarla da Zeus, ma il dio dopo aver cercato più volte di ingannarlo cambiando aspetto lo uccise con un fulmine e poi dopo essersi trasformato in aquila portò Egina su un’isola che era disabitata e che da quel momento prese il nome della amata Egina. Sempre in onore di Egina, che si annoiava ad essere il solo essere senziente sull’ isola, Zeus trasformò le formiche che popolavano la zona in persone e così nacquero i Mirmidoni. Dal rapporto fra Zeus ed Egina nacque Eaco che ebbe come nipote Peleo (re dei Mirmidoni). Ricordo che Achille è figlio di Peleo e quindi Egina risulterebbe essere la bisnonna di Achille.
La geografia:
L’isola, posta a metà strada tra l’Attica e la costa Argolide del Peloponneso, ha una forma triangolare con una superficie di circa 87 Kmq. Per due terzi è occupata da un vulcano spento che fornisce un terreno fertile su cui vengono coltivati pistacchi, che oggi sono il prodotto caratteristico di Egina, ma anche viti, olivi, mandorli, fichi e cotone. La sua vetta più alta è il monte Oros: poco più di una collina la cui cima è a 531 metri sul livello del mare. Oltre all’agricoltura è importante, per l’economia dell’isola la pesca, in particolare quella della spugna e il turismo come per quasi tutta la Grecia.
La storia:
Sembrerebbe, nonostante quello che sostiene la mitologia, che anche i mirmidoni abbiano avuto il loro neolitico e non derivino dalle formiche: gli scavi archeologici hanno portato alla luce punte di frecce, strumenti in ossidiana e alcune abitazioni preistoriche. Sono stati rinvenuti anche monili in oro dell’ultimo periodo dell’arte micenea e diversi vasi che gli archeologi hanno datato intorno al 2000 a.C., tuttavia l’ascesa e la decadenza dell’isola sono legate al suo batter moneta, alla definizione di unità di misura condivise dalle altre città-stato, ai fiorenti commerci con l’Occidente e successivamente ai conflitti con le altre città-stato greche. Come ho già detto, per una serie di fortunate coincidenze è ad Egina che nel VII secolo a.C. si inizia a battere moneta e a stabilire delle unità di pesi e misure accettate dalle popolazioni che con Egina condividevano l’interesse per lo sviluppo dei commerci. Dalla metà del VII secolo a.C. esistevano due sistemi di pesi e misure riconosciuti ed accettati nel commercio, uno era quello euboico-attico (Eubea: la Negroponte dei veneziani), l’altro era quello Aeginiano. Fu sotto il dominio di Eforo che Pheidon di Argo realizzò a Egina una zecca (foto 4). In realtà l’isola era diventata un riferimento per la lega navale che si era costituita tra le più importanti città-stato del Peloponneso e della Grecia contro i pirati che infestavano il mare Egeo sulle rotte dei commerci, soprattutto quelle verso l’Occidente. Tutto questo lo conosciamo da Erodoto e non voglio annoiarvi con una trascrizione, si erano formate due leghe tra le città-stato che in quel periodo si contrapponevano, la lega Attica e la lega Peloponnesiaca; tuttavia entrambe avevano la missione di proteggere il commercio delle città rappresentate, per semplificare ricorderò che nella lega peloponnesiaca c’era Sparta e nell’altra primeggiava Atene. Sempre secondo Erodoto è nel V secolo a.C. che incominciarono le ostilità tra Atene ed Egira e rapidamente la controversia portò al declino e alla perdita di autonomia per Egina. Atene vinse definitivamente nel 458 a.C. e questa è la ragione per cui da quella data non vennero più coniate le statere di Egina. Torniamo alle nostre amate tartarughe terrestri, voglio presentarvi alcune delle monete più interessanti che sono riuscito a reperire, le più facili da trovare sono quelle del Congo (2002, foto 5) che sono delle normali monete in uso, quelle che vi mostro hanno la caratteristica di essere delle “fior di conio” ossia non hanno mai circolato. Interessanti anche le 100 Dram della Repubblica Armena in argento che sono monete commemorative (2006, foto 6a e 6b); purtroppo sono state coniate in un numero limitatissimo di pezzi (circa 3000) perciò se vi interessate di numismatica e trovate in vendita le 100 Dram a buon prezzo acquistatele. Interessante è un gettone americano (Stati Uniti d’America): con questo gettone nel 1837 si poteva acquistare mezza oncia di rame puro, e contemporaneamente dare un sostegno a una miniera (foto 7a e 7b). Sempre dagli Stati Uniti viene la famosa moneta da cinque centesimi del 1936, quella con l’indiano, che venne usata dai contemporanei per realizzare delle edizioni limitatissime, spesso dei pezzi unici (foto 8a e 8b). L’ Ecuador ha emesso (1987) una moneta commemorativa legata alle Isole Galapagos, in argento 999, del valore nominale di 50 real e del peso di 5 once (foto 9a e 9b). Anche in questo caso si tratta di una tiratura limitata. Sempre tra le monete commemorative va annoverato il rublo della Bielorussia (Russia bianca) emesso in favore della protezione e conservazione della natura. La moneta, coniata in 3000 esemplari, ha il valore nominale di un rublo, è in rame e nichel, ha un diametro di 33 mm e un peso di 14,35 g (foto 10a e 10b). L’ultima moneta che vi presento è in oro 999 ed è emessa dalla Repubblica Ucraina nel 2009 in 10000 pezzi dal valore nominale di 2 Hryvna. La moneta che rappresenta la tartaruga solo come simbolo di longevità ha un diametro di 13,92 mm e un peso di 1,24 g (foto 11a e 11b). Spero con queste paginette di essere riuscito a solleticare la fantasia degli amici per “collezioni” che non danneggiano l’ambiente e se tra i miei lettori c’è un incisore spero di avergli fatto nascere la voglia di produrre nuove effigi delle nostre amate amiche.